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E' primavera e i pappagalli cantano

Il Messaggero intervista i pappagalli romani

che rimorchiano le straniere bruttine


di Redazione


Chi non abita a Roma non conosce il fenomeno dei pappagalli romani.
Il pappagallo è l'imitazione povera del seduttore. Sta tutto il giorno appollaiato nei luoghi turistici di Roma in attesa delle straniere da rimorchiare. Usa sempre le stesse frasi (da ciò l'appellativo di pappagallo) e si lancia con tutte le ragazze che gli capitano a tiro, non importa la qualità o il risultato, e neppure l' "after rimorchio service". Le straniere li conoscono bene ancor prima di partire: molte guide turistiche le mettono in guardia dal "canto del pappagallo" nella città eterna. Le straniere più belle per evitarli attraversano il centro di Roma a velocità supersonica, le più brutte chiudono un occhio: o ti mangi sta' minestra a Roma o ti butti dalla finestra a casa tua.
Il pappagallo non prova mai a "pappagalleggiare" con l'italiana che lo identifica e lo neutralizza appena apre bocca.
Ne abbiamo studiati alcuni all'opera: i pappagalli riescono mediamente in un approcco su dieci e poi "cazzeggiano" con la turista per circa 15 minuti. "Cazzeggiare" a Roma non significa usare il prefisso della parola (cazz-eggiare) ma piuttosto raccontare stupidaggini. A volte i pappagalli provano a rimorchiare la stra..., ma immancabilmente "rimbalzano".
Il Messaggero di oggi 23 marzo dedica ai pappagalli un reportage con alcune interviste. Ve lo proponiamo integralmente. No comment.


Il Messaggero - prima pagina cronaca di Roma


Il Messaggero - Cronaca di Roma - Prima pagina
Mercoledì 23 Marzo 2005
I nuovi “pappagalli”? Studenti universitari, laureati, talvolta sposati. Li abbiamo “tanati”
Professionisti “latin lover"


di CLAUDIA ALI’

La caccia alle “vichinghe” non è mai finita. Eccoli appostati tra i viottoli del centro, sotto il cielo stellato di primavera, mentre un cantante di strada accenna un “Besame mucho”, i nuovi “pappagalli” romani, una razza mai estinta. Nelle loro continue ronde, i professionisti dell’acchiappo, agguantano le prede straniere, di cui sono ghiotti: americane, russe e ragazze dell’Est, sono al centro dei loro desideri, svedesi in discesa, italiane assolutamente out. «Sono troppo difficili». Così liquida Goffredo, di giorno avvocato civilista nello studio del padre. «Le straniere sono più spontanee, aperte e, soprattutto non vogliono sapere il tuo conto in banca o che macchina hai, vengono qui per divertirsi, e noi le accontentiamo». Infatti la regola numero uno del gioco la racconta Raffaele, che sotto le vesti di bancario indossa quelle di conquistatore: «E’ fin troppo facile invitare una donna a cena in un bel posto. La vera sfida è farla cadere ai tuoi piedi con la sola arma della simpatia».
«Il nostro identikit?», si chiede ancora Raffaele: «Giacca e cravatta non devono mai mancare, l’eleganza è al primo posto. Qualche parola di inglese, francese e tedesco è necessaria. Mai a caccia in più di due, altrimenti ci scambiano per militari; ci appostiamo alle diciotto (orario in cui le straniere vanno a cena) fuori dai ristoranti turistici, l’argomento prediletto per acchiappare è parlare dei nostri viaggi in giro per il mondo. Molti di noi sono fidanzati o addirittura sposati e più che cacciatori in cerca di avventure, siamo piuttosto in cerca di straniere che sono in cerca di avventure». Il terreno di caccia preferito resta la Barcaccia di Piazza di Spagna, dove inizia la perlustrazione, per poi peregrinare fino a Via Condotti, Largo Goldoni, Via del Corso, Piazza San Lorenzo in Lucina fino al Pantheon. Finito il giro perlustrativo si rincontrano in sporadici breeding, si scambiano pareri, si confidano nuovi metodi infallibili. Come quello, ormai super inflazionato, della “scheda del telefono”. Marco, laureato in ingegneria da poco più di un anno, lo spiega così: «Molto spesso accade che le straniere siano in difficoltà alle cabine telefoniche. Magari non sanno che devono strappare l’angolino. Io mi metto in fila fingendo che ho fretta di chiamare ed ecco che parte l’acchiappo: “Can I help you?” E qui scatta l’applauso, per dirla con le parole di “Un americano a Roma”». Oppure, continua il maestro di rimorchio: «Passa per strada una bella bionda ed io le dico la fatidica frase: “Did you lost anything?”, ovvero: Ti sei persa qualcosa? E poi con nonchalance inizio un qualsiasi discorso per mandarla in confusione». I terreni di caccia sono infiniti ed inimmaginabili. Perfino gli ingorghi che si creano negli affollati bagni dei bar possono offrire occasioni ghiotte per fidelizzare. Il giochetto è sempre lo stesso. «La caccia può concludersi anche a Fontana di Trevi». Raccontano Rodolfo e Luca, architetti quarantenni: «Luca avvista una bella ragazza e le si siede accanto. Io fingo di fargli una foto, e nel frattempo lui ha già cominciato a scambiare qualche parolina. Purtroppo se centra l’obiettivo, io devo ricominciare la caccia, a meno che non abbia un’amica carina anche per me». Altro centro nevralgico del “movimento” è la zona di Campo dè Fiori e Corso Vittorio Emanuele, che pullula di pub per stranieri. Lì il grande nemico sono le cosiddette “crawling”, ovvero i ragazzi con la maglietta con su scritto “staff”, che accompagnano nei tour per la capitale e difendono i poveri forestieri, da attacchi improvvisi.
I più coraggiosi si spingono fino in Piazza dell’Orologio, nella Casa delle letterature, o nella Biblioteca Rispoli a Piazza Venezia, e fingendo di interessarsi a Tolstoj piuttosto che ad Hemingway, fanno capolino e puntano le straniere che sono a Roma per motivi di studio.
Ma per le nuove frontiere non è sufficiente l’inglese. Come potreste rimorchiare una russa conoscendo soltanto l’inglese? Un piccolo segreto: “ciao” in russo si dice “privet”. Vi aprirà le porte dell’acchiappo.

Il Messagero pag. 39



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(Giovedì 24 Marzo 2005)


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