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Dagli archivi di "Newton"

A qualcuno piace brutto

Letto e sottolineato dal Maestro



[…]Non sappiamo esattamente come si forma un codice estetico che separa il "mondo del bello" a quello del "brutto". Si tratta di una contrapposizione usata spesso dalle classi culturalmente più elevate per distinguersi dalle persone con uno status sociale inferiore, ma che può portare a un paradosso[…]
"Bisogna insomma che ci sia un codice estetico di riferimento, che naturalmente non vale in assoluto, ma solo all'interno di un determinato contesto e di un determinato gruppo", spiega Antonio Faeti, docente di Letteratura per l'infanzia all'Università di Bologna. "Una volta codificato come tale, però, il brutto diventa più interessante del bello. Perché ci permette di rompere gli schemi, di deridere quelli perbene, di non essere giudiziosi". Ciò che bello, pulito ed elegante viene così associato al mondo delle regole e delle convenzioni, mentre il brutto, sporco e pure un po' cattivo all'ambito della libertà e della ribellione. E questo vale per gli oggetti di cui ci circondiamo, i vestiti che indossiamo, il modo stesso di presentare il nostro corpo. "Non è un caso che le sottoculture giovanili di destra e sinistra, dagli skinhead ai punk, abbiano fatto del brutto la loro ideologia", osserva Alessandra Castellani, antropologa dell'Università La Sapienza di Roma. "In alcuni casi, poi, il brutto non viene solo scelto, ma diventa un'etichetta imposta dall'esterno. Sono gli altri che ritengono sgradevole un certo modo di apparire. E questo giudizio negativo contribuisce a emarginare il gruppo giovanile, creando una grande coesione interna e un senso di appartenenza". Così, se il codice estetico dominante è costituito da capigliature fluenti, visi abbronzati, pelle levigata, trasgredire le regole significa rasarsi a zero, assumere un aspetto pallido e malaticcio, bucherellare la pelle con un numero imprecisato di piercing. Se l'eleganza è rappresentata dal vestito che cade a pennello e dalla scarpa décolleté, la ribellione passa per i pantaloni di tre taglie più grandi o per le improponibili scarpe con suole a zattera. "Non è un caso", dice ancora Alessandra Castellani, "che la moda tragga ispirazione dai mondi marginali e ne riproponga gli stili, dopo averli smussati e bonificati. E se prima ci apparivano brutti, improvvisamente cominciano a piacerci. E' un classico che i tacchi della nuova stagione ci sembrino sempre orribili, finché non ci facciamo l'abitudine". Allora forse il brutto è soltanto ciò che non è ancora stato scoperto e ricondotto entro binari a noi familiari. "Per questo è così attraente", afferma Castellani. "Un oggetto, un vestito e persino un viso, per colpirci, devono farci sognare mondi ancora sconosciuti, da esplorare, conoscere, addomesticare. Il bello ci fa immaginare ben poco e alla lunga viene a noia". Soprattutto quando non ci si riferisce più a oggetti ma a esseri umani. "Pensiamo ai divi del cinema", dice Antonio Faeti. "Poche tra le studentesse universitarie che frequentano i miei corsi ricordano i visi divini di Tyrone Power, Massimo Girotti e Gabriele Ferzetti. Ma tutte riconoscono a prima vista un "non bello" come Humphrey Bogart. O lo stesso Marlon Brando, che a metà degli anni Cinquanta era classificato dai giornali femminili dell'epoca come un brutto, e non per la bassa statura". Brando in qualche modo usciva dal seminato, non ripercorreva i sentieri già noti, ma ne tracciava di nuovi. Appariva brutto e disarmonico per i canoni estetici dell'epoca, eppure esprimeva un irresistibile potere di seduzione. Così ci ricordiamo di lui, e meno degli altri. E non si tratta di un caso isolato, visto il successo di "brutti che piacciono" come Klaus Kinski, Gerard Dépardieu, Harvey Keitel (il fascinoso amante dal viso tatuato del film Lezioni di piano), Mick Jagger e Arnold Schwarzenegger. Sul versante femminile, poi, le cose non vanno tanto diversamente." Il "modello Barbra Streisand", con nasone storto montato di serie, ha avuto più fortuna di molte bellissime di Hollywood. E non dimentichiamo la soave Diana d'Inghilterra, disarmata davanti alla sgraziata Camilla Parker Bowles, destinataria delle telefonate erotiche del principe Carlo." Il motivo? "La bellezza è statica, dal momento che è perfetta e piacevole così com'è", dice Laura Tonani, docente di Anatomia artistica all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. "La bruttezza è movimentata. Riserva sorprese a ogni angolo. Non è mai la stessa. Ci porta vicino a quella parte irrazionale che l'uomo sente dentro di sé ma che la ragione imbriglia".



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(Giovedì 29 Dicembre 2005)


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