La squallida realtà che la "gente tv" non capirà
Basta con l'Italia
Il paese ideale per delinquere ma non per la seduzione
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE DI STAMPO POLITICO
Questo articolo è stato scritto prima dello scandalo del parlamento dei drogati sul quale non ci sono commenti.
Si commenta da solo l’articolo de LA STAMPA qui sotto riportato che recensisce il libro “Pronto chi spia?” da oggi in libreria. Un libro nero delle intercettazioni telefoniche ma senza quelle penalmente più rilevanti delle quali non sapremo mai niente.
Vi siete chiesti perché veramente il parlamento (destra e sinistra unite) abbia decretato con decreto d’urgenza la distruzione di tutte le intercettazioni? Perché il Parlamento italiano è ormai una ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE DI STAMPO POLITICO.
Non credete mica ai politici ospiti di Bruno Vespa che dicono tutti in coro che le intercettazioni vanno subito distrutte per difendere la privacy dei comuni cittadini? Tra l’altro dal tono della voce si capiva che stavano spudoratamente mentendo! Per l’urgenza non avevano fatto in tempo a fare le prove di recitazione!
Non crederete mica che stanno difendendo l’operaio o il dirigente che venivano illegalmente intercettati? Voi popolo di internet non vi farete mica infinocchiare da quello che dicono i politici nel salotto del “leccaculo” Bruno Vespa?
Il fatto evidente (ma stiamo scoprendo l’acqua calda, ndr) è che in quelle intercettazioni c’è molta della “merda italica” evacuata dai politici e dai loro prestanome. Se dovessero uscire le intercettazioni e i dossier il popolo potrebbe veramente re-installare le ghigliottine nelle pubbliche piazze. E’ roba pericolosa, ci sono dentro tutti, per questo
l’ urgenza di distruggere tutto e subito. E decretare che non si ripeta mai più.
Orami è chiaro a tutti gli italiani (non analfabeti da tv): il parlamento è solo un' "ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE DI STAMPO POLITICO”.
Per chi vuole delinquere questo è in assoluto il miglior paese del mondo.
Non perché politicamente si voglia favorire la delinquenza comune ma perché per coprire i politici ed i loro prestanome occorre fare in modo che i reati non vengano mai puniti. Il sistema è di usare vari stratagemmi (indulti, prescrizioni, domiciliari, età esente da carcere, ogni giorno uno nuovo, chi più ne ha più ne metta) pur mantenendo nel contempo le “pene ufficiali” per non sembrare troppo spudorati davanti all’opinione pubblica ed al resto del mondo.
In sostanza: non potendo fare una legge speciale per garantire l’impunità dei politici ed i loro prestanome si deve concedere l’”impunità reale” a tutti. Un trucco semplice e ben camuffato.
Allora che cosa dobbiamo fare noi seduttori?
O la ghigliottina o l’espatrio.
L’espatrio è la soluzione migliore. Lasciamo il paese ai criminali politici nostrani ed ai criminali comuni di tutto il mondo. Si divideranno la torta che gli rimarrà, ma che si farà sempre più piccola, perché se non c’è chi produce non c’è neppure niente da rubare.
Anche fra gli immigrati che vogliono delinquere c’è una forte preferenza per l’Italia, mentre quelli che vogliono onestamente lavorare preferiscono altri paesi più civili.
A noi seduttori non ci distraggono mica con la tv degli idioti ed i vari reality della realtà che non esiste. Ormai il gioco dei politici ci è chiaro (e non bisogna certo essere dei geni per capirlo). Siamo stufi di sopportare. Già quasi il 50% degli abbonati alla Top secret sono italiani spatriati. Giovani di alto livello che all'estero hanno successo sia con le donne sia nella professione, la crema del nostro paese.
In Italia se non delinqui sei un pirla. Ma noi non siamo i soliti pirla:
noi o ghigliottiniamo o espatriamo.
Lasciamo la merda ai merdosi ed andiamocene.
Il mondo è pieno di paradisi, ognuno si trovi il suo.
LA STAMPA 4/10/2006
SOCIETA'
UN ANNO VISSUTO DISGUSTOSAMENTE ESCE «IL LIBRO NERO DELLE INTERCETTAZIONI», ANTOLOGIA DEGLI ULTIMI SCANDALI
Pronto? Principi e vallette, al telefono tutti cafoni
di Alberto Mattioli
Ci sono tutti. C’è il furbetto del quartierino Giampiero Fiorani che blandisce il collega Giovanni Consorte: «Io mi sento sangue del tuo sangue». C’è Antonio Fazio, di professione governatore della Banca d’Italia, che invita Fiorani a fargli visita ma, per carità, senza farsi vedere: «Allora come al solito passa dietro di là». C’è la soave fatina tivù Paola Saluzzi che definisce «frocione» un noto collega. C’è la bombastica Elisabetta Gregoraci scorrazzata per Roma con le macchine di servizio del ministero degli Esteri. C’è Gian Nicolino Narducci, braccio destro di Sua Altezza Reale Vittorio Emanuele di Savoia, che saluta un amico: «Sei mentre che trombi?», e viva la finezza (e l’italiano). E ci sono soprattutto loro, i quattro cavalieri dell’Apocalisse mediatica: Stefano Ricucci, Luciano Moggi, Salvatore Sottile e, appunto, Vittorio Emanuele. Tutti insieme disgustosamente negli ultimi scandali della storia italiana recente, catalogati nel giornalese corrente come quelli dei «furbetti del quartierino», di «calciopoli», di «vallettopoli» e di Vittorio Emanuele, perché nel suo caso basta davvero solo la parola. Poker di intercettati.
La morte del congiuntivo
Il ripassone di un annetto abbondante di telefonini sotto controllo e lingue fuori controllo, di intrecci di sesso, soldi, raccomandazioni, affari, partite col trucco e piccanti registrazioni puntualmente finite sui giornali è un librino da furbetti che venderà benissimo, Pronto chi spia?, cioè Il libro nero delle intercettazioni (Aliberti editore, pagg. 334, euro 15, in uscita oggi). I veri autori sono loro, i magnifici quattro e le relative corti di amici, complici e compari. Chi ha scelto fior da fiore è una band di scrittura che si nasconde sotto lo pseudonimo di «Agente italiano» e che già aveva pubblicato Il broglio su quelli elettorali.
Fantasia e realtà
La lettura oscilla fra indignazione, rabbia e divertimento. E alla fine viene da chiedersi se l’Italia sia davvero così. Ebbene, sì. Lo conferma, come al solito, il linguaggio. Perché la cosa più sconcertante è che tutti, il governatore e la valletta, l’odontotecnico di Zagarolo e il figlio del Re, il direttore generale della Juventus e il cantautore, il portaborse e il telegiornalista, l’arbitro e il banchiere, parlano allo stesso modo. Non si tratta di fare i moralisti per il turpiloquio: alzi la mano chi non ha mai detto pene al pene, indicandolo magari con quella gentile paroletta di cinque lettere di cui due sono «zeta» che, a giudicare da queste intercettazioni, è la più amata dagli italiani. E nemmeno fa specie che il congiuntivo sia morto e la consecutio non si senta troppo bene, come conferma del resto la visione di qualsiasi telegiornale. No: come profetizzava Pasolini, al degrado del Paese corrisponde quello della sua lingua. Nessuno di costoro, teoricamente classe dirigente, pare capace di esprimersi con frasi compiute, con soggetto, verbo e predicato, rischiando magari qualche subordinata. Tutti parlano uno slang semidialettale che non è nemmeno il romanesco, che avrebbe una sua dignità, ma una specie di subitaliano faticosamente messo insieme fra un’imprecazione e l’altra.
Del resto, dopo le prime cento pagine ci si abitua. Si entra in una specie di reality molto più reale di quelli televisivi, in una commedia all’italiana con una sceneggiatura che sembra surreale e invece è verissima. Nemmeno l’Age e lo Scarpelli dei tempi d’oro avrebbero potuto immaginare il direttore generale della Juventus che sequestra un arbitro e racconta giulivo: «Ho chiuso l’arbitro nello spogliatoio e mi so’ portato le chiavi in aeroporto. Butteranno giù la porta!».
Come nei film di Vanzina
Salvatore Sottile, portavoce del ministro degli Esteri, Gianfranco Fini e grande scopritore di aspiranti showgirl, saluta elegantemente un amico: «Dimmi che ti stai a ingroppa’ una», mentre l’ineffabile Vittorio Emanuele di Savoia, fra una prostituta e l’altra, parla dei mancati sudditi: «Sardi puzzolenti», «Siciliani di merda».
Siamo fra il «Grande fratello» e un film di Natale dei fratelli Vanzina. E allora il più simpatico risulta proprio il Ricucci Stefano, l’odontotecnico che per qualche mese sembrò il playmaker della finanza italiana, pieno di miliardi, marito di Anna Falchi, uscito pari pari dalla rubrica «Cafonal» di Dagospia. Ma, almeno, ruspante. Ad Angelo Rovati, l’amico di Prodi, quello, per intenderci, del piano Telecom, che lo apostrofa: «Tu sei il lanzichenecco della finanza», lui ribatte così: «Aho’, a me lanzinechecco nun me lo dici, perché io tutte le sere me tr... Anna». Non perde la faccia tosta nemmeno interrogato dal giudice in galera: «Ho letto negli atti», attacca il pm, e lui, prontissimo: «Aho’, legga qualcos’altro, dotto’, si distragga». Alla fine, la battuta migliore del libro è la sua: «È facile fare i froci cor culo degli artri».
Carlo consiglia la Newsletter TOP SECRET sulla seduzione.
Chi, come, dove e quando sedurre: tutto quello che bisogna sapere, e che nessun altro al mondo vi può dire.
(Mercoledì 25 Ottobre 2006)
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