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La moglie di Adriano

Vibia Sabina non era frigida...


di Raffaello Masci


Vibia Sabina, moglie dell’imperatore Adriano, non era la donna che gli storici hanno raccontato. Non era una donna trascurata e frigida.

Fu dopo la sua morte che venne rappresentata come una dea con il velo, asessuata e gelida.

Non ci si può più fidare neppure dei libri di storia!



LA STAMPA 12/6/2007

Adriano e signora, la diva imperatrice

Una moglie triste e trascurata? Tutto l’opposto. Storici e archeologi ne ribaltano l’immagine

Il nome di Vibia Sabina, moglie dell’imperatore Adriano, è da sempre associato a quello di una donna triste, di una moglie trascurata, negletta perfino nel talamo nuziale. Venerdì mattina, nell’Antiquarium del Canopo di Villa Adriana, si apre una mostra dedicata a questa figura che, se non consente di ribaltare la tesi tradizionale, tenta almeno di circoscriverla alle strette risultanze storiche e archeologiche, secondo le quali non è provato che Adriano sia stato un cattivo marito, mentre è certo che nulla negò a sua moglie in termini di ruolo pubblico. Fu anzi particolarmente generoso, al punto di coniare monete con il suo ritratto: fatto inedito a Roma, un onore che non aveva avuto - per dire - neppure la mitica Livia, moglie di Augusto.

La mostra di Villa Adriana, curata dalla direttrice del sito archeologico, Benedetta Adembri, consta di 6 statue, 19 busti e sei monete. A queste ultime si affidava quella che oggi chiameremmo «una campagna di comunicazione», dal momento che giravano per tutto l’impero. Esse abbracciano tutto l’arco di tempo in cui Vibia è «augusta», dal 128 fino alla morte nel 136, e costituiscono una sorta di paradigma iconografico: la moneta è l’immagine ufficiale della signora, e la statuaria celebrativa o evergetica doveva attenersi a questo cliché vidimato dall’autorità imperiale. Vediamo dunque un primo filone in cui Vibia viene rappresentata sul modello di Plotina, moglie di Traiano: capelli raccolti in una coda bassa, morigerata signora della Roma che fu, in linea - dinastica e politica - con le donne che l’hanno preceduta al potere e in famiglia.

Quindi vanno bene anche la crocchia e i capelli spartiti sulla fronte alla maniera della madre Matidia e della nonna Marciana, sorella di Traiano. C’è poi un filone iconografico più tardo, successivo a un lungo viaggio in Oriente, che ci propone una Vibia ellenizzata, quasi Afrodite. La statua di Boston, invece, ci rivela l’imperatrice- diva. Dopo la sua morte Adriano ne decreta l’apoteosi, Vibia è dea e come tale viene rappresentata: gelida, altera, capite velato, santa per sempre.
Quanto alla domanda se Adriano amasse questa donna, storia e archeologia non rispondono. Si sposarono intorno all’anno 100, lei doveva avere 14-15 anni, lui dieci di più. Entrambi erano parenti di Traiano, ma lei ne era l’unica nipote diretta. Il matrimonio fu combinato, com’era costume per tutti, specie se aristocratici. Durò tuttavia quasi quarant’anni. Adriano, formalmente, nulla negò alla consorte: opulenza, titoli, onori. Acconsentì a che le innalzassero statue celebrative in tutti i luoghi che insieme visitarono, la nominò «augusta» da viva e «diva» da morta. Quello era l’amore coniugale per una coppia romana di rango. Il resto non era richiesto e non è quindi documentato.

Adriano però, se era grandioso e coltissimo, era anche un egocentrico e si fece molti nemici, i declassati senatori per primi. Furono questi ad alimentare la leggenda nera dell’imperatore innamorato più del suo drudo Antinoo che della moglie. A farne le spese fu soprattutto quest’ultima, tanto più che nel 139 fa il suo ingresso sulla scena pubblica una donna brillante, elegante, presenzialista e anche un po’ invasiva: Faustina maggiore, moglie di Antonino Pio. La mite Vibia e la sua memoria sarebbero state presto oscurate.



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(Martedì 12 Giugno 2007)


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