La giustizia dei seduttori
Il V-day non basta
Vogliamo il ripristino delle ghigliottine
di Carlo della Torre
Il V-day di Beppe Grillo non basta.
Senza le ghigliottine non cambierà mai niente.
Dopo anni di V-day e tante energie consumate si arriverà (forse) a qualche nuova legge “buonista” tipo “I parlamentari criminali devono restare agli arresti domiciliari 2 ore al giorno, per pranzo e per cena...". Oppure “Non potranno ricandidarsi fino ad un anno dopo la sentenza...”. Oppure “Dovranno restituire il 50% delle somme indebitamente percepite...”, che in seguito verrà regolamentato “in rate mensili da € 100” .
Solo le ghigliottine, di nobile tradizione europea, potranno “ripulire” questo paese. Non c’è altro sistema, il resto sono chiacchiere. Chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere.
Come nei malati dl cancro bisogna tagliare la parte cancerosa così nel "paese malato" bisogna tagliare le “teste cancerose”.
Le cellule cancerose si riproducono e vanno in metastasi. Vanno eliminate con la chirurgia (ghigliottina) oppure con le varie terapie killer (sedia elettrica, iniezione, letale etc).
Noi preferiamo la vecchia romantica ghigliottina, di antica tradizione europea.
In alternativa dovremmo lasciar perdere ed accettar tutto, allegramente, con la filosofia: ”This is Italy”.
Ma per favore non prendiamoci in giro con le chiacchiere che serviranno solo a farci sfogare ed a calmarci con l' “effetto catartico”.
Leggete l’articolo qui sotto riportato: la Cina ci copia tutto ma almeno una cosa noi potremmo copiar dalla Cina.
Solidarietà a Beppe Grillo.
CORRIERE DELLA SERA 9 settembre 2007
Pang Jiayu aveva creato una società finanziaria per mantenere le donne
Cina, la rivolta delle concubine
Denunciato il sindaco-amante
Si sono ribellate in 11. Ora lui rischia il patibolo
DAL NOSTRO INVIATO
PECHINO — Bentornata, mia concubina. La Cina del socialismo di mercato riscopre i piaceri dei signori di epoca pre-rivoluzionaria, quando il potere si misurava in compagne di letto. Pericoloso sfidare il divieto del Partito, pericolosissimo esagerare. Un alto dirigente dello Shaanxi ha osato troppo. E 11 sue amanti, tutte insieme, si sono coalizzate per denunciarlo come corrotto. Hanno così distrutto la carriera del potente e trovato un’occasione di riscatto, perché il loro ricorso all’autorità giudiziaria è nato dalla condanna a morte (per corruzione) di uno dei loro mariti. La scena della vicenda, riportata con pedagogica evidenza dai media governativi, è la città di Baoji. Pang Jiayu, oggi 63 anni, divenne sindaco nel 1994 e cominciò subito a costruirsi harem e fama.
La prima preda fu proprio la «leader» delle 11 vendicatrici. Lei era moglie di uno dei collaboratori di Pang. Il quale, per fargli scontare un torto non chiarito, organizzò una trappola diabolica: durante il banchetto di Capodanno del 1995, invitò il sottoposto e signora, poi finse un’emergenza che costrinse il marito ad allontanarsi. Chiamò da parte la donna. Le mostrò fotografie del compagno assieme a prostitute, scatti ottenuti attraverso un’altra macchinazione. La moglie del collaboratore scoppiò in lacrime e lui, nel consolarla, le fece bere una droga. Il mattino dopo lei si risvegliò nel letto di un ignudo compagno Pang: la prima «liason » era iniziata. Il «sindaco dalla zip facile», com’era popolarmente noto, allargò presto il giro delle sue conoscenze femminili.
Puntava le mogli giovani e carine dei suoi sottoposti, promettendo denaro, affari e avanzamenti per i mariti. I quali non erano all’oscuro di tutto, se il loro motto era: «Senza sacrificio, niente carriera ». Intanto anche Pang procedeva nel cursus honorum comunista e poteva dare l’ok a progetti ad hoc, facendone titolari le amanti, come un sistema di distribuzione idrica che frane e intoppi portarono alla chiusura in 6 mesi. Il giochino si è incrinato nel 2003. Pang aveva creato una società finanziaria per garantirsi il denaro necessario amantenere lo stuolo di «ernai» (le seconde mogli), tra l’altro mettendone al vertice i mariti di due di loro.
Un esposto segnalò la perdita di 9 milioni di euro. Pang convinse il collaboratore cui per primo aveva scippato la moglie a farsi carico delle accuse. In cambio, Pang avrebbe speso la sua influenza politica per fargli avere una pena lieve. Andò male: condanna a morte. E anni di carcere a due complici. Ecco allora la reazione delle tre mogli, tre «concubine », le quali hanno poi convinto le altre 8 ad appoggiarle. Ora Pang è accusato di corruzione per 48 mila euro e per un crac da 31 milioni di euro. Licenziato, cacciato dal Partito. Arriveranno «misure esemplari ».
In Cina per corruzione si muore. In aprile, il premier Wen Jiabao ha firmato il decreto 495, in vigore da giugno, che prevede «punizioni severe» per chi, «dipendente di organismi amministrativi », «non mantiene la famiglia (genitori, moglie, figli); ne maltratta o abbandona i membri; ha amanti; viola gravemente la morale sociale». Chi ha l’amante, via subito da incarico e Partito. La durezza, accentuata nell’imminenza del Congresso del Pcc di ottobre, colpisce ormai anche ai piani alti della nomenklatura. Un ex segretario di Partito di Jinan (Shandong) è stato giustiziato in settimana per aver fatto saltare in aria un’amante esosa.
Ieri il quotidiano di Hong Kong Ming Pao riportava che l’ex ministro delle Finanze Jin Renqing, «dimessosi » anzitempo a fine agosto, non si è visto al centro studi dov’era stato dirottato perché detenuto per «accertamenti »: anche a lui sarebbe stata fatale una concubina di troppo. Ed è di giovedì la nomina del nuovo capo dell’Ufficio anticorruzione, Ma Wen, uomo di Hu Jintao. Secondo una statistica, su 10 funzionari pubblici corrotti, 9 hanno amanti: regali e appartamenti per le ragazze costano, il circolo dell’illecito si alimenta esponenzialmente, a volte le ragazze sono loro stesse omaggi di un potente all’altro, spesso in condivisione. Non è questo il sogno di «società armoniosa» che ha in menteHu Jintao, segretario del Partito comunista e presidente della Repubblica Popolare.
Marco Del Corona
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(Domenica 9 Settembre 2007)
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