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Perché vanno di moda le "stagionate"?

La donna matura

L’immagine attuale della donna matura nei mass-media


di Massimo C. Salvemini


Massimo Salvemini è un giornalista che già conoscete. Ha già pubblicato altri articoli su Seduction.net.

Con questo suo ultimo dotto articolo ci svela le manipolazioni dei media per far “passare” la donna matura che si accoppia con il ragazzino ed allo stesso tempo denigrare l’uomo maturo che preferisce le ragazze più giovani.

Nella vita reale ci sono donne mature attraenti ed interessanti (sempre di più) ed uomini maturi alla Richard Gere o Al Pacino.
Ma in tv sono state “sdoganate” solo le donne mature che si accoppiano con il ragazzino. Mentre Brad Pitt (nato il 18 dicembre 1963!) se andasse con una ventenne sarebbe un maniaco sessuale.

Due pesi e due misure che fanno comodo alle pupazze della tv già da tempo “in rottamazione” ma che non ne vogliono proprio sapere di essere rottamate. Codeste leccano il "leccalatoB" Bruno Vespa che è bravo a far tirare avanti le vecchie carrette. Un bastone glielo offre anche la tv del pomeriggio che ha lo stesso pubblico del "leccalatoB".

L’analisi di Massimo è interessante ma per favore Massimo non chiamiamo vip la pivetti che fu fatta presidente della Camera della Repubblica degli Spaghetti perché si mise a piangere per la sua esclusione dai primi incarichi della Lega di Bossi. Bossi a quel punto pensò di mettere a presidente della camera una “controllabile”. E per non farla piangere Bossi disse “Pivetti, basta piangere, tu farai la presidente della camera”. [notizia inedita, ndr.]

Se non avesse pianto la "pippetta" starebbe ancora nella sua cameretta a fare calzetta.

Dopo questa divagazione satirica leggiamo l'articolo di Massimo che è una cosa seria




L’immagine attuale della donna matura nei mass-media
Articolo di Massimo Salvemini

«L’uomo è come il vino rosso, che invecchiando migliora. La donna è come il vino bianco, che va gustato giovane.» (proverbio spagnolo)

Si racconta che il primo scrittore che abbia celebrato le attrattive di una donna matura, una certa Carito, sia stato il siriano Filodemo da Gadara, vissuto a Roma nel II secolo, poi imitato da Agatia, Paolo Silenziario e altri letterati cristiani (cfr. Antologia Palatina, libro V). I precedenti autori pagani, greci e latini, non avrebbero mai ammesso che le matrone potessero avere ancora una sessualità; disprezzavano le signore non più giovani che pensavano ancora al sesso, e consideravano dei veri e propri anormali quegli uomini che se ne sentivano attratti. Per una serie di ipocriti ma comprensibili motivi (far sì che l’uomo ammogliato si “rassegnasse” alla prospettiva di restare per tutta la vita con una donna sfiorita; tenere ipocritamente uniti i genitori sino a che i figli fossero abbastanza cresciuti), i cristiani sentirono d’avere l'obbligo di capovolgere la situazione e iniziarono cosi ad esaltare la donna matura. Tale innaturale tendenza proseguì nel corso degli anni e dei secoli, generando una congèrie di confutabili operine, alcune di un certo valore letterario, altre assolutamente dozzinali, come il sonetto erotico “La belle vieille” (1618) di François Maynard, il romanzo “In praise of older women” (1965) dell’ungherese Stephen Vizinczey o il recente “La rivincita della donna matura” (2007) di Elizabeth Buchan.

Nel 1958 fu rappresentato per la prima volta al Théâtre de l’Athenée di Parigi un adattamento del “Don Giovanni”, dovuto alla penna di Henry Millon de Montherlant. Ebbene, il dramma comprendeva una famosa battuta che i sostenitori delle donne mature amano sovente citare: «ci sono le giovanissime e ci sono le espertissime». Peccato che non sia vero, o perlomeno trattasi di cosa estremamente opinabile. In amore, casomai, ci sono le donne che hanno la naturale predisposizione e quelle che non ce l’hanno. Una diciottenne può essere deliziosa a letto , così come una 25-30enne, o una 40-50enne, può invece essere un’autentica imbranata, o fare l’amore in modo banale, insignificante. Tutto qui. Questo immane equivoco ha origine dalla sopravvalutazione delle qualità che si attribuiscono comunemente alle donne mature, come l’esperienza o quel particolare savoir-faire che farebbe difetto alle giovanissime.

Il regista Paul Schrader affrontò il tema da un’altra angolazione in una sequenza del suo famigerato film “American Gigolò” (1980). I due protagonisti, Julian (Richard Gere) e Michelle (Lauren Hutton), sono a letto insieme, e questo è il dialogo:

MICHELLE: «Perchè vai con donne più vecchie di te?»
JULIAN: «Le preferisco a quelle più giovani.»
MICHELLE: «E perché…?»
JULIAN: «Che gusto c’è a procurare un orgasmo a una studentessa di 16 anni, a qualche ragazzetta scema che si eccita tutta al cinema e va a casa a masturbarsi …? E troppo facile. Non ha significato. Sai, quella sera, quanto t’ho incontrato all’albergo, ero con una donna di mezz’età. Al marito non gliene importava più niente. Non aveva più avuto un orgasmo da almeno 10 anni. Ci ho messo tre ore per scaldarla. E per un po’ ho pensato che non ce l’avrei mai fatta. Quando poi è successo, ho avuto la sensazione di aver fatto “qualcosa”… qualcosa di importante. Chi ci avrebbe perso tanto tempo? Chi l’avrebbe fatto così bene?».

Sfortunatamente, anche questa è una falsità, travestita da perla di saggezza. Pur partendo dal presupposto, abbastanza corretto, che mediamente si faccia più fatica a far raggiungere l’orgasmo a una donna matura piuttosto che a una ragazzina, è del tutto irrilevante sostenere che l’uomo che ci riuscisse dovrebbe esserne orgoglioso e reputarsi di conseguenza un grande amante: si tratta nuovamente di uno squallido espediente consolatorio per blandire i mariti costretti ad andare a letto per anni con la stessa donna. Per di più, conosciamo personalmente molti uomini che, gratificati a sufficienza dalla pelle liscia e vellutata, dalla contagiosa joie de vivre e dalle sembianze adolescenziali di certe ragazze, sorvolerebbero più che volentieri sulla loro (eventuale) inesperienza…

Il moralista Schrader, pretino-mancato educato alle scuole calviniste, finge di girare un thriller erotico (in verità, assai poco erotico, ma anche questo non è casuale, giacché insinuare che le tecniche di un gigolò non siano “nulla di speciale” e quindi dipingerlo come un vanitoso velleitario può servire a tranquilizzare borghesucci e psicosessuologhe d’assalto) e invece non fa altro che narrarci la solita storia di peccato e redenzione, se possibile ancora più ipocrita del suo standard abituale. Il suo film non è né migliore né più intrigante rispetto ad altre moralistiche pellicole incentrate su donne mature o su cinici gigolò, come – citiamo a caso i primi esempi che ci vengono in mente – “Il gigolò” (1960), “Estate e fum o” (1961), “La primavera romana della signora Stone” (1961), “Il laureato” (1967), “Mercoledì delle ceneri” (1973), “The Stud” (1978), “Il club delle prime mogli” (1996) o “L’ultimo gigolò” (2001).

D’altra parte, è comprensibile (soprattutto in un paese cattolico come l’Italia), che l’attuale, “allarmante” propensione di molti uomini maturi a mettersi con donne più giovani, magari abbandonando per esse le “fedeli compagne di anni”, venga vista alla stregua di una vera e propria piaga sociale, e che, per tentare di salvare il salvabile, la Società usi tutto il potere, visibile o occulto, di cui dispone. Dai dotti studi scritti sul preoccupante fenomeno (spesso le autrici sono donne, psicologhe e/o sessuologhe…), alle trasmissioni televisive, ai film, alle decine di articoli su settimanali e mensili. Gli uomini ivi descritti sono visti ovviamente come degli “immaturi”, dei “bamboccioni” che non riescono a «trasformare la passione che c’è all’inizio di una relazione in qualcosa di più costruttivo», che naturalmente «attraversano la crisi di mezz’età», e che «hanno un continuo bisogno di conferme». E non ci viene neppure risparmiata l’impropria citazione della «sindrome di Peter Pan.»

Ora, in questa sede non ci interessa né giustificare, né condannare l’uomo che allacci una relazione con una partner molto più giovane, ma non possiamo fare a meno di sottolineare che non sempre l’uomo, il maschio della specie umana, è provvisto di senso paterno, con buona pace delle “Marie Venturi” della situazione, che invece vivono nel loro illusorio mondo piccolo-borghese dove al maschio single non sembra nemmeno vero di incontrare una 30-50enne finto-dolce che gli faccia comprendere come lui in fondo non aspettasse altro che fare figli con lei e diventare una sorta di marmotta flaccida, ma “felice” (sic!). In realtà, sono molti i maschi che possono fare all'amore senza batter ciglio e senza alcun “rimorso” con ragazze che hanno meno della metà dei loro anni, fanciulle che – come non mancheranno certamente di far notare le solite attempate invidiose, implacabilmente sodali con la società piccolo-borghese, con ben più di un pizzico di acido sarcasmo – «potrebbero essere loro figlie !» (mamma mia, che paura…).

Discorso un po’ diverso, se si parla di donne più anziane che frequentano uomini più giovani. Negli ultimi anni, i mass-media si sono dati molto da fare per ostentare un nuovo tipo di donna matura, bella, vincente, aggressiva. A ciò si aggiunga che buona parte della letteratura rosa attuale non ha più come potenziali lettrici delle giovani donne, bensì signore fra i quaranta ed i cinquanta. Le case editrici Mills & Boon (statunitense) e Transita (britannica), sfornano dozzine di libri del genere (la storia tipica è quella di una divorziata che, dopo una serie di vicissitudini, incontra un nuovo amore, quando ormai aveva perso ogni speranza…).

D’altronde, si è dato molto risalto a quelle signore 40-50enni che, comportandosi “come certi uomini”, amoreggiano e talvolta si sposano con giovanotti (vengono in mente i casi di alcune vips italiane, quali Irene Pivetti o Simona Ventura). Solo che, a differenza degli uomini, le donne il senso materno ce l’hanno quasi sempre, in alcuni casi anche quando esse stesse lo negano, e tale piccolo particolare potrebbe danneggiare irrimediabilmente una relazione di questo tipo. Come scriveva Hanns Sachs, «Le donne mature cercano spesso chi è giovane, ma poiché costui preferisce essere amato per l’uomo che vuole essere, piuttosto che per il ragazzo che è stato, raramente tali relazioni sono felici…» E a poco serve la patetica frasetta scaramantica che, intervistate in proposito dall’abituale giornalista impicciona, queste celebri signore sono solite pronunciare quasi sempre (fateci caso…): «Ma, guardi, in realtà fra noi due il più “adulto” è lui… in alcune circostanze, sono proprio io la più immatura…!» (segue risatina nervosa dissimulata).

Comunque sia, a un seduttore degno di questo nome tale nuova moda (chiamiamola così) non deve fare né caldo né freddo, anzi, ci fa sinceramente piacere che, indipendentemente da chi sia il più giovane (la donna o l’uomo), la differenza d’età non abbia più alcuna importanza. Se fosse veramente così, però. Purtroppo, abbiamo l’impressione che, come la madre degli imbecilli, anche quella dei moralisti sia sempre incinta. Infatti, per la serie “al peggio non c’è limite”, ecco che in alcune recenti «fiction» televisive, apparentemente cacciato dalla porta, sembra rientrare dalla finestra un modello desolatamente tradizionalista di donna matura. Fra le principali artefici di que sto revival vi sono due matronali signore, oggi baciate da una certa notorietà: Rossella e Simona Izzo. Gemelle eterozigote – pertanto non identiche – 54 anni a testa, entrambe doppiatrici monocordi e registe mediocri, ma presenzialiste selvagge (in particolare Simona) nelle varie scempiaggini televisive del genere “Maurizio Costanzo Show”, “Porta a Porta”, “Ciao Darwin”, “Festa Italiana”, “La vita in diretta” e “L’Italia sul Due”.

Ebbene, in una recente fiction in quattro puntate diretta da Rossella Izzo, andata in onda lo scorso anno su Raiuno, “Lo Zio d’America 2” (2006), il personaggio della matura Beatrice (Eleonora Giorgi), corteggiata da un ragazzo molto più giovane, Luca (Marco Bocci), gli preferiva alla fine il bolso e attempato Federico (Roberto Alpi). Fra l’altro, anche il protagonista Massimo Ricciardi (Christian De Sica) respingeva le profferte amorose della lolita Claudia (Myriam Catania). Capita l’antifona…? Riassumiamola: se la donna accettasse pienamente ogni tipo di coppia caratterizzata da grande differenza d’età, non potrebbe più fare la morale all’uomo, disapprovarlo, biasimarlo e accusarlo di egoismo, quindi in un certo senso lo giustificherebbe se questi, per esempio, abbandonasse la vecchia compagna per una ragazza più giovane. In poche parole, se anche le donne scelgono partner più giovani con che faccia possono accusarci di sbagliare quando lo facciamo noi? Un ottuso ritorno, insomma, a quella sorta di ipocrita “saggezza”, a quella mal interpretata “cultura del sacrificio” che imponeva alla signora di privarsi (seppure a denti stretti) di quella che, indipendentemente da quanto fosse durata, avrebbe potuto essere una bellissima storia.

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(Mercoledì 7 Novembre 2007)


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