Un imberbe filosofo epicureo
Lettera a Meneceo
Ma! Primum vivere, deinde philosophari
da: attilio[--]@gmail.com>
a: carlo@seduction.net
data: 13 ottobre 2013 16:15
oggetto: Cosa rende grande un uomo...
proveniente da: gmail.com
firmato da: gmail.com
: Importante principalmente a causa delle parole contenute nel messaggio.
Onorevole maestro (se mi è concesso chiamarla così, sebbene non la conosca), io sono un imberbe ragazzo di sedici anni, il nome è quello dell'indirizzo, atletico, alto e di ingegno grifagno, filosofico e prodigo di conoscenza.
Le scrivo dall'estremo sud, e le devo dire che nella mia vita di studente di liceo classico, fino ad ora, poche persone ho stimato davvero, da poche ho fruito sublimi cogitazioni e modi di interpretare la vita. Fra costoro nomino miei interlocutori virtuali i filosofi, gli autori latini e greci, grandi pensatori, e non i brevilinei conoscitori del mondo cristiani, atti solo a definire le peculiarità di un dio ahimè morto quando si assiste allo spettacolo terrifico del male.
Stimo infine molto gli uomini con un certo intelletto, non ultimo mio padre, e ho un dono: riesco ad intendere gli animi delle persone in un nonnulla, a sbreccare i falsi miti, a creare da una parola altre mille e, devo dire, in lei ho visto un "vir" egocentrico, determinato, virtuoso ma anche narcisista.
Adesso il mio percorso verso la virtù (voglio diventare un uomo grande e sconfiggere l'insondabilità del male) deve essere già stato battuto da grandi uomini e, per essere completi in tutto, importante è la stima verso i propri confronti delle donne. E qui arriva il cruccio: mi sento talvolta non inadeguato, ma, in un certo senso "superiore" (parola che del resto nell'accezione di cui sopra disprezzo) alle ragazze che mi dicono che sono "bbono" ma mi scansano perché sono bravo a scuola (9-10).
È una società questa, dico, rarefatta, dove conta solo la forma. La virilità adesso fa capolino fra il fumo di una sigaretta e la brezza alcolica, mentre la femminilità fra la "tr*******e" e un paio di tette goliardiche. Ecco non si pensi che io sia un fragile Leopardi (quando c'è da tirar fuori le p***e divento una belva), ma con queste ragazze-contenitore prive di contenuto mi trovo male. L'unico amore che ho avuto è stato quello di una romena, bionda, occhi azzurri, un angelo, ma soprattutto seria, dolce e, purtroppo fidanzata.
Ma, a parole grame, mi chiedo se essere un grande uomo e non un uomo grande combacia con l'essere seduttore (voglio esserlo con tutto il cuore, ma non trovo nessuna interessante da sedurre)... A sua discrezione di poi, mi narri di un evento della sua vita, o magari di un libro, di qualsivoglia cosa, che ha agito in lei una trasformazione. Eppoi si può avere innata l'arte della seduzione? (La romena io l'ho conquistata parlandole, gesticolando, ridendo, guardandola nei suoi sublimi occhi, bramando da lei il mio primo bacio, cogliendole un fiore e posandoglielo sull'orecchio, mentre gli altri sbavavano su di lei e non hanno concluso nulla e perciò mi odiano ah ah!)...
Mi scusi il popello, la stimo, prego di eliminare ogni traccia di me. Buona seduzione e le consiglio di leggersi la lettera a Meneceo di Epicuro, le piacerà. Cordialità!
La filosofia secondo il maestro
Caro “imberbe” Attilio, sei un vero filosofo! Ti pubblico ed anche la lettera di Epicuro, in linea con la nostra filosofia, a dispetto di che crede che noi seduttori siamo per il godimento estremo, e che non ha capito Epicuro.
Ma a te voglio dare due consigli:
1) Primum vivere, deinde philosophari
2) Reddite quae sunt Caesaris Caesari et quae sunt Dei Deo
1) Tradotto per il seduttore ciò significa che la filosofia deve prima nascere dall'analisi delle esperienze della tua vita reale e del tuo appagamento, dall’analisi delle esperienze altrui che avrai studiato anche sotto gli aspetti più reconditi (non dalla facciata che fa notizia e passaparola), dall’analisi delle vite passate. Solo dopo ci può essere il confronto con i filosofi per ivi trovare le conferme o le smentite alle tue conclusioni dedotte dalla vita reale. Al contrario non funziona, ti farai solo le seghe mentali.
2) Le “ragazze-contenitore” prive di contenuto con le quali ti trovi male fanno parte della vita, sono di questo mondo, devi farne esperienza, anche da queste esperienze potrai arrivare alla saggezza. Non si arriva a “Dio” senza conoscere il diavolo. L’uomo saggio e completo sa, sa distinguere il bene dal male, per distinguere deve aver conosciuto anche il male (conosciuto non significa “aver fatto”). Le "ragazze contenitore" in questo caso sono “Cesare”, le madonne in questo caso sono Dio. Dai a loro "quelLo" che spetta a loro. Dai alle madonne ciò che spetta alle madonne. E stai attento alle “donne diavolo” che si camuffano da madonne, “a domanda”. Solo chi ha esperienza può vedere il loro vero essere interiore senza farsi ingannare da qualsiasi camuffamento.
Non c’è un evento o un libro che ha trasformato la mia vita, c’è e ci sarà una continua evoluzione. Ci sono “gli” eventi non l’evento. Tu dovrai evolverti nello stesso modo, senza aspettare l’evento o il libro magico. Ogni evento è un passo avanti, a volte un passo indietro, e poi avanti, ma nel lungo periodo sarai andato ben avanti. Non c’è un traguardo finale, non è di questo mondo, c’è solo una via migliore.
Di più oggi non posso commentare, non sto per scrivere libri!
Meneceo,
Non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell'anima. Chi sostiene che non è ancora giunto il momento di dedicarsi alla conoscenza di essa, o che ormai è troppo tardi, è come se andasse dicendo che non è ancora il momento di essere felice, o che ormai è passata l'età. Da giovani come da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità. Per sentirci sempre giovani quando saremo avanti con gli anni in virtù del grato ricordo della felicità avuta in passato, e da giovani, irrobustiti in essa, per prepararci a non temere l'avvenire. Cerchiamo di conoscere allora le cose che fanno la felicità, perché quando essa c'è tutto abbiamo, altrimenti tutto facciamo per averla.
Pratica e medita le cose che ti ho sempre raccomandato: sono fondamentali per una vita felice. Prima di tutto considera l'essenza del divino materia eterna e felice, come rettamente suggerisce la nozione di divinità che ci è innata. Non attribuire alla divinità niente che sia diverso dal sempre vivente o contrario a tutto ciò che è felice, vedi sempre in essa lo stato eterno congiunto alla felicità. Gli dei esistono, è evidente a tutti, ma non sono come crede la gente comune, la quale è portata a tradire sempre la nozione innata che ne ha. Perciò non è irreligioso chi rifiuta la religione popolare, ma colui che i giudizi del popolo attribuisce alla divinità.
Tali giudizi, che non ascoltano le nozioni ancestrali, innate, sono opinioni false. A seconda di come si pensa che gli dei siano, possono venire da loro le più grandi sofferenze come i beni più splendidi. Ma noi sappiamo che essi sono perfettamente felici, riconoscono i loro simili, e chi non è tale lo considerano estraneo. Poi abituati a pensare che la morte non costituisce nulla per noi, dal momento che il godere e il soffrire sono entrambi nel sentire, e la morte altro non è che la sua assenza. L'esatta coscienza che la morte non significa nulla per noi rende godibile la mortalità della vita, togliendo l'ingannevole desiderio dell'immortalità.
Non esiste nulla di terribile nella vita per chi davvero sappia che nulla c'è da temere nel non vivere più. Perciò è sciocco chi sostiene di aver paura della morte, non tanto perché il suo arrivo lo farà soffrire, ma in quanto l'affligge la sua continua attesa. Ciò che una volta presente non ci turba, stoltamente atteso ci fa impazzire. La morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per noi. Quando noi viviamo la morte non c'è, quando c'è lei non ci siamo noi. Non è nulla né per i vivi né per i morti. Per i vivi non c'è, i morti non sono più. Invece la gente ora fugge la morte come il peggior male, ora la invoca come requie ai mali che vive.
Il vero saggio, come non gli dispiace vivere, così non teme di non vivere più. La vita per lui non è un male, né è un male il non vivere. Ma come dei cibi sceglie i migliori, non la quantità, così non il tempo più lungo si gode, ma il più dolce. Chi ammonisce poi il giovane a vivere bene e il vecchio a ben morire è stolto non solo per la dolcezza che c'è sempre nella vita, anche da vecchi, ma perché una sola è l'arte del ben vivere e del ben morire. Ancora peggio chi va dicendo: bello non essere mai nato, ma, nato, al più presto varcare la porta dell'Ade.
Se è così convinto perché non se ne va da questo mondo? Nessuno glielo vieta se è veramente il suo desiderio. Invece se lo dice così per dire fa meglio a cambiare argomento. Ricordiamoci poi che il futuro non è del tutto nostro, ma neanche del tutto non nostro. Solo così possiamo non aspettarci che assolutamente s'avveri, né allo stesso modo disperare del contrario. Così pure teniamo presente che per quanto riguarda i desideri, solo alcuni sono naturali, altri sono inutili, e fra i naturali solo alcuni quelli proprio necessari, altri naturali soltanto. Ma fra i necessari certi sono fondamentali per la felicità, altri per il benessere fisico, altri per la stessa vita.
Una ferma conoscenza dei desideri fa ricondurre ogni scelta o rifiuto al benessere del corpo e alla perfetta serenità dell'animo, perché questo è il compito della vita felice, a questo noi indirizziamo ogni nostra azione, al fine di allontanarci dalla sofferenza e dall'ansia. Una volta raggiunto questo stato ogni bufera interna cessa, perché il nostro organismo vitale non è più bisognoso di alcuna cosa, altro non deve cercare per il bene dell'animo e del corpo. Infatti proviamo bisogno del piacere quando soffriamo per la mancanza di esso. Quando invece non soffriamo non ne abbiamo bisogno.
Per questo noi riteniamo il piacere principio e fine della vita felice, perché lo abbiamo riconosciuto bene primo e a noi congenito. Ad esso ci ispiriamo per ogni atto di scelta o di rifiuto, e scegliamo ogni bene in base al sentimento del piacere e del dolore. E' bene primario e naturale per noi, per questo non scegliamo ogni piacere. Talvolta conviene tralasciarne alcuni da cui può venirci più male che bene, e giudicare alcune sofferenze preferibili ai piaceri stessi se un piacere più grande possiamo provare dopo averle sopportate a lungo. Ogni piacere dunque è bene per sua intima natura, ma noi non li scegliamo tutti. Allo stesso modo ogni dolore è male, ma non tutti sono sempre da fuggire.
Bisogna giudicare gli uni e gli altri in base alla considerazione degli utili e dei danni. Certe volte sperimentiamo che il bene si rivela per noi un male, invece il male un bene. Consideriamo inoltre una gran cosa l'indipendenza dai bisogni non perché sempre ci si debba accontentare del poco, ma per godere anche di questo poco se ci capita di non avere molto, convinti come siamo che l'abbondanza si gode con più dolcezza se meno da essa dipendiamo. In fondo ciò che veramente serve non è difficile a trovarsi, l'inutile è difficile.
I sapori semplici danno lo stesso piacere dei più raffinati, l'acqua e un pezzo di pane fanno il piacere più pieno a chi ne manca. Saper vivere di poco non solo porta salute e ci fa privi d'apprensione verso i bisogni della vita ma anche, quando ad intervalli ci capita di menare un'esistenza ricca, ci fa apprezzare meglio questa condizione e indifferenti verso gli scherzi della sorte. Quando dunque diciamo che il bene è il piacere, non intendiamo il semplice piacere dei goderecci, come credono coloro che ignorano il nostro pensiero, o lo avversano, o lo interpretano male, ma quanto aiuta il corpo a non soffrire e l'animo a essere sereno.
Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l'animo causa di immensa sofferenza. Di tutto questo, principio e bene supremo è la saggezza, perciò questa è anche più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non si da’ vita felice senza che sia saggia, bella e giusta, né vita saggia, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili.
Chi suscita più ammirazione di colui che ha un'opinione corretta e reverente riguardo agli dei, nessun timore della morte, chiara coscienza del senso della natura, che tutti i beni che realmente servono sono facilmente procacciabili, che i mali se affliggono duramente affliggono per poco, altrimenti se lo fanno a lungo vuol dire che si possono sopportare? Questo genere d'uomo sa anche che è vana opinione credere il fato padrone di tutto, come fanno alcuni, perché le cose accadono o per necessità, o per arbitrio della fortuna, o per arbitrio nostro. La necessità è irresponsabile, la fortuna instabile, invece il nostro arbitrio è libero, per questo può meritarsi biasimo o lode.
Piuttosto che essere schiavi del destino dei fisici, era meglio allora credere ai racconti degli dei, che almeno offrono la speranza di placarli con le preghiere, invece dell'atroce, inflessibile necessità. La fortuna per il saggio non è una divinità come per la massa - la divinità non fa nulla a caso - e neppure qualcosa priva di consistenza. Non crede che essa dia agli uomini alcun bene o male determinante per la vita felice, ma sa che può offrire l'avvio a grandi beni o mali.
Però è meglio essere senza fortuna ma saggi che fortunati e stolti, e nella pratica è preferibile che un bel progetto non vada in porto piuttosto che abbia successo un progetto dissennato. Medita giorno e notte tutte queste cose e altre congeneri, con te stesso e con chi ti è simile, e mai sarai preda dell'ansia. Vivrai invece come un dio fra gli uomini. Non sembra più nemmeno mortale l'uomo che vive fra beni immortali.
Carlo consiglia la Newsletter TOP SECRET sulla seduzione.
Chi, come, dove e quando sedurre: tutto quello che bisogna sapere, e che nessun altro al mondo vi può dire.
(Martedì 22 Ottobre 2013)
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